Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

lunedì 20 febbraio 2017

Urbanistica a Conegliano: l'eterogenesi dei fini

La relazione illustrativa del Piano degli Interventi collegato al PAT di Conegliano è condivisibile quasi per intero. Una buona metà è dedicata ai principi ispiratori di un piano che deve essere molto tecnico e preciso.
Dalla lettura attenta dell'intera mole di documenti sorgono però alcune domande che, ahimé, non trovano risposte. Si tratta, più o meno, delle domande che avevamo posto in sede di discussione del PAT, e allora la Giunta rispose che tutto sarebbe stato chiarito nel Piano degli Interventi. Così, purtroppo, non è.
La relazione inizia citando il grande Aristotele con un concetto che potremmo tradurre con un laconico "Si fa quel che si può".
Solo alcune osservazioni:
  • Si parla di un territorio minutamente abitato, attrezzato e non poco compromesso (appunto, e allora che si fa?).
  • Si dice che questa zona ha uno dei redditi medi per ettaro più elevati della regione e che, comunque, la viticoltura dovrà evolversi. Si parla di sistema "agropolitano" e dell'intreccio complesso fra città e campagna. Si parla, anche, di biodiversità che, tra parentesi, non è solo quella delle siepi.
  • Si parla poi di centralità urbana e di aree da salvaguardare.
  • Si parla di programmazione dei lavori pubblici, della necessità di rivedere la viabilità in accordo con quanto previsto nel sistema complesso dell'area ex Zanussi. 
Queste le domande.
  1. Cosa vuol dire "aumento della condizione di sicurezza e accoglienza che il territorio deve offrire ai suoi abitanti"? In quale punto di questo Piano degli Interventi si trova?
  2. Per esempio, diminuendo l'ampiezza dello spartitraffico del Cavallino, come ipotizzato nel Piano, cosa sarà della "Porta del Cavallino", della fontana e dell'intera estetica di uno dei pochi luoghi ben riusciti dell'urbanistica degli ultimi anni? E poi, siamo sicuri di programmare, con questo P.I., lavori pubblici (fatti con una logica che non sia schizofrenica) che interessano l'intera viabilità del centro città, visto che in 10 anni, tanto per fare un esempio, non siamo stati capaci di riparare il tetto di un'ex caserma?
  3. Le colline, l'agricoltura sostenibile, la biodiversità, la salute e tutto il resto stanno dentro alle cosiddette aree trasformabili a Ogliano?
  4. Cosa vuol dire previsione di sviluppo e riqualificazione della centralità urbana se ancora non si programma nulla, se non dei parabolici giri di parole, sull'area ex Zanussi? Di quale centro stiamo parlando? Per esempio, per rimanere a sud della ferrovia, qualcuno ha mai pensato di salvaguardare le case di Via Pittoni, la vera chicca di una urbanistica seria lasciata a se stessa?
E poi, la riqualificazione, anzi l'uscita dallo stato di prostrazione e depressione in cui versa il nostro centro storico, non può passare dai sensi di marcia, men che meno dagli hashtag o dalle locuzioni latine, che sono molto eleganti, ma dovrebbero servire a ricordarci che gli antichi Romani erano un popolo concreto e preciso, più attento all'arrosto che al fumo.
Di tutto questo non ho trovato traccia: possiamo risparmiare un sacco di tempo e denaro, visto che in centro, fra un po', non ci sarà più nulla da fare.
Pianificar facendo, dite voi.... Mah!
Visto ciò che sta scritto in questo Piano degli Interventi, avrei immaginato di trovare citato, come conclusione filosofica, Giambattista Vico: "Questo mondo è uscito da una mente spesso diversa e a volte del tutto contraria ai fini proposti".
Voluto o meno, questo P.I. pare la summa dell'eterogenesi dei fini.

Nessun commento:

Posta un commento