Il colle è la mia prospettiva. Le colline non sono mai le stesse, come le attività di chi studia e scrive. Dall'alto lo sguardo spazia e aiuta la fantasia, la ricerca; guardare aiuta a pensare, a mettere insieme le idee, quelle che fanno scrivere per sé o per far leggere agli altri ciò che si produce.

venerdì 4 novembre 2016

Facebook e Tina Anselmi. Cos'è moderno?

"Così la scelta della democrazia divenne scelta della libertà e rese più evidente la contraddizione fra chi ancora, dopo la istituzione della repubblica sociale italiana, immaginava che il percorso della libertà potesse essere disgiunto da quello della democrazia. In campo non c'erano solo i numeri a segnare la forza della rappresentanza. Nel Paese c'era l'adesione a una cultura, a uno stato, a una politica che, specialmente con la creazione della repubblica sociale italiana, la rendeva incompatibile con lo sviluppo dello stato democratico. [...] Una democrazia cresce rispettando non solo le istituzioni, ma aprendo le istituzioni stesse al cammino della libertà, che deve essere sempre partecipazione".
Queste alcune delle frasi che Tina Anselmi volle regalarmi in occasione dell'uscita del mio primo libro. La sua prefazione rimarrà sempre per me fonte di orgoglio, ma credo che quelle parole possano essere, come tante di quelle che nella sua lunga vita politica ha pronunciato, scritto e reso azione politica concreta, motivo di riflessione anche oggi, dopo tanti anni.
In questi giorni di Tina Anselmi si è parlato molto, tanti ne hanno raccontato la vita politica, le battaglie, l'onestà cristallina, cifra, quest'ultima, comune a tutta una generazione.
Il rischio, in un periodo confuso come questo, è quello di togliere al passato la vita che gli è appartenuta, livellando tutto nell'ecumenico "una volta sì che erano bravi": è certamente vero che il nostro Paese, ma non solo, ha vissuto stagioni nelle quali si sono messe in luce figure di assoluto livello, rese tali soprattutto da esperienze terribili e formative come la guerra, la lotta di liberazione, la volontà di uscire dall'arretratezza, la consapevolezza di stare scrivendo pagine nuove.
Non va dimenticato, però, e qui sta il valore più grande di quella stagione, che protagonista fu la dialettica politica, declinata anche nelle sue forme più aspre: Tina Anselmi era una donna schierata, che difendeva il suo credo e la sua idea di Italia, i partiti della sinistra e i sindacati dei lavoratori non le risparmiavano certo le critiche. Questo è il sale della democrazia, della libertà: confronto continuo, scontro politico, rispetto assoluto, però, per gli altri, ben sapendo (gli uni e gli altri) che quasi sempre la ragione sta nel mezzo e che un punto di incontro è necessario per andare avanti.
Tina Anselmi, intelligente com'era, fu protagonista nella fase delle riforme sociali degli anni Settanta, consapevole che il movimento che veniva dal basso andava ascoltato, che le forze che si battevano in Parlamento e fuori di esso per una nuova sanità, per un nuovo diritto di famiglia, portavano interessi reali e sapevano far pesare il consenso popolare. Cioè la partecipazione.
Unendosi ai versi di Giorgio Gaber Tina Anselmi mi scriveva che la libertà è sempre partecipazione.
Oggi il mondo è cambiato e con esso, inevitabilmente, le forme della partecipazione: inutile stupirsene o, peggio, rammaricarsene: schiere di semiologi, antropologi, sociologi, politologi e filosofi si interrogano sul ruolo che ciascuno di noi interpreta quando si siede davanti a un pc o "smanetta" con lo smartphone.
Certo che leggere le castronerie, le bufale del web, le falsità e tutta la spazzatura presenti nella rete fa ridere, oppure arrabbiare, o spesso ci indigna, ma lo snobismo di chi vorrebbe Facebook o Twitter luoghi di certami accademici è quanto meno irritante.
Volgarità, insulti, ignoranza arrogante rischiano di fare più rumore dei ragionamenti pacati, ma forse, lo dico in punta di piedi, uno dei motivi di tutto ciò sta nel nuovo, confuso desiderio di partecipazione di tanti che hanno perso la voglia di fidarsi a prescindere e che, disorientati, trovano nella grande osteria di Facebook il modo di farsi ascoltare da qualcuno e rischiano fortemente, questo è evidente, di seguire nuovi pifferai magici, fenomeni da fiera medievale. 
La storia pare sempre la stessa: ciarlatani e imbonitori che cercano di imbrogliare i malcapitati promettendo mari e monti. Solo che oggi i primi sono più difficili da acciuffare o riconoscere e il tutto diventa molto complicato.
È assolutamente vero, però, che se tanta gente ha perduto la fiducia in chi dovrebbe guidarla una parte di responsabilità sta in chi si trova ai vertici della società, troppo compreso nell'autocelebrazione per accorgersi che in democrazia nulla è assodato per sempre, che la fiducia va conquistata giorno dopo giorno e che, soprattutto in una società globale, i comportamenti individuali sono sotto i riflettori molto più di un tempo.
Pensando a Tina Anselmi e a quella classe politica c'è qualcosa che li accomunava tutti, oltre all'onestà personale e a una politica scelta come desiderio di contribuire alla crescita della società, vale a dire la capacità di comprendere ciò che accade nel corpo sociale, di capire bisogni e desideri, di tradurre le analisi in azione concreta favorendo la partecipazione che sta, appunto, alla base del cammino della libertà.

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